di Gianmaria Lafranconi









L’artista ha utilizzato il segno, come gesto, traccia, linea, memoria spaziale e temporale che gli ha consentito di descrivere elementi che fanno parte del suo apparato interiore e di quello del mondo esterno. I segni diventano forme lessicali capaci di tradurre le sue sensazioni, percezioni, sentimenti, passioni, concetti, idee e pensieri.
Angiolina Petecchia – critica
Con padronanza segnica è riuscito a creare nelle sue opere profili sintattici che hanno una precisa intenzionalità e volontà figurativa, concepita come specchio di una realtà collettiva attuale i cui comune denominatore è la permanenza nei vari ambiti sociali di un unico fattore : ” la pandemia”. Tema presente nel mondo dell’arte già al tempo dei romani, nell’anno mille, nel trecento e nel mille seicento.
L’artista, però i suoi disegni non li ha voluti rendere come testimonianza apocalittica di ciò che si sta vivendo, ma come immagini prioritarie che devono alimentare lo sviluppo della nostra coscienza. I vari elementi figurativi presenti nelle sue opere vengono percepiti come archetipi simbolici permeati, da un lato dalla mestizia, ma dall’altro dalla speranza.
E’ evidente come lo sguardo di Giammaria superi le barriere architettoniche ed è proteso alla ricerca di una luce capace di rischiare le ombre che incombono sul cosmo intero.