di Angiolina Petecchia
Dante Alighieri – poeta, scrittore e politico – Firenze, tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 – Ravenna, – morì notte tra il 13 e il 14 settembre 1321
Giotto Di Bondone – conosciuto semplicemente come Giotto è stato un pittore e architetto italiano Nato a Vicchio – Morto 8 gennaio 1337, Firenze
Entrambi sono stati considerati come anello di congiunzione tra la cultura del Medioevo e quella del Rinascimento.
L’arte e la letteratura sono espressioni del pensiero, dell’immaginazione, dell’intelletto, della fantasia ed espansione della realtà, ove spazio e tempo si uniscono in un perenne divenire. Esse hanno la capacità di creare un dialogo interiore profondo che ci induce a superare i limiti del quotidiano e di trasportarci in un mondo di poesia e di rinascita. Questi postulati della comunicazione sono presenti, sia in Giotto, sia in Dante. Due nomi altisonanti e rappresentativi della Firenze medievale e pilastri della cultura italiana, che hanno compiuto una rivoluzione copernicana, in quanto hanno avvertito il bisogno di rappresentare il mondo, chi con la penna, chi con l’arte.
Dante loda Giotto
considerandolo, non solo un sapiente artigiano, ma esalta la capacità dell’artista per aver saputo interpretare la storia, la natura e la vita stessa dell’uomo. Lo loda nei versi del canto XI del Purgatorio:
“ Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura”

Anche Dante sommo poeta e scrittore è un innovatore rispetto ai poeti del dolce stile nuovo e lui stesso nella Divina Commedia rileva che qualcuno ha superato nella poesia i due Guido Cavalcanti e G. Guinizelli. Si pensa che Giotto abbia immortalato il poeta, realizzando un ritratt0 che si trova al Bargello. Lo ha vestito di rosso perché questo colore lo contraddistingueva da altri poeti.
Entrambi non sono stati al servizio della tradizione, ma hanno mutato i modi e le finalità del loro modus operandi, esercitando una profonda influenza sulla cultura del tempo. E’ grande il loro ingegno inventivo, la loro interpretazione della natura, della storia e della vita e della loro capacità di illustrare la realtà. Recuperano la classicità attraverso un processo intellettuale per cui storicismo e naturalezza sono una qualità sola. Per loro la cultura antica non è né evocazione né modello, ma esperienza storica da investire nel presente. In loro il sentimento si trasforma in azione.
Religiosità francescana.
In Dante ha una struttura dottrinale e teologica modellata sulla filosofia di S. Tommaso, il quale, sua volta, ha concepito la rivelazione divina come completamento della ricerca della verità dell’uomo. Questi assiomi sono presenti nella Divina Commedia ove si riscontra che l’uomo compie un itinerario volto alla conquista del svelamento divino. Per Dante, Francesco è il profeta del nuovo ordine lo accosta a S. Domenico, in quanto apprezza la forza generatrice di Francesco e la sapienza domenicana elementi vitali per il Cristianesimo. Legge la figura del Santo in chiave politica sociale, in quanto esempio da seguire per giungere ad una riforma. Lo vede come una figura non mistica, ma reale è un serafino, l’alter Christus che ha avuto una funzione storica e lo colloca nel Cielo degli spiriti sapienti nel XI canto Paradiso e ne affida l’elogio a San Tommaso d’Aquino.
Da questa parte, in cui il pendio è più lieve,
nacque un sole, San Francesco, come
questo sole fa quando sorge dal Gange.
In Giotto, invece, la religiosità presenta una struttura etica che discende dall’insegnamento diretto da S. Francesco la cui raffigurazione popola gli affreschi della basilica di Assisi e di Bardi in S. Croce. La figura del Santo appare come creatore di un movimento in trionfale espansione il cui agire è volto al rafforzamento della Chiesa. S. Francesco non è il poverello descritto da Tommaso da Celano o l’asceta sofferente descritta da Cimabue. Per lui è una persona piena di dignità e autorità morale. E’ colui che ha avviato il faticoso cammino che porta al divino, partendo dall’umano e tutto Il viaggio tormentoso sostenuto dal Santo racchiude in sé la storia dell’individuo.
Giotto nei sui affreschi descrive i momenti della vita di Santo e con il suo realismo pittorico lo rende tangibile. Il realismo giottesco, come quello dantesco, è un itinerario costellato di luci con il quale si vuole condurre l’uomo a Dio.
Francesco rinunzia ai beni del padre ed è accolto dal vescovo
Francesco predica agli uccelli
San Francesco riceve le stimmate
Le esequie di S. Francesco
Il Giudizio Universale
Nel cammino culturale di questi due grandi maestri notiamo nella raffigurazione del Giudizio Universale riferimenti danteschi. Qui Paradiso ed Inferno sono un insieme unitario e tutte le figure sono inserite in uno stesso spazio armonico.
Al centro vi è Cristo mandorlato simbolo della sua doppia natura, coronato da angeli. Sono presenti figure ibride simboliche: un orso con vicino un pesce -Simbolo- Redenzione dell’umanità- Un uomo con la testa di leone- Resurrezione- Un centauro Messia- Un’aquila con la testa di un ragazzo – Ascensione
Dall’immagine di Cristo sgorgano lingue di fuoco che ci ricordano i fiumi infernali che trascinano i dannati e li sottopongono a torture atroci descritti anche da Dante nella cantica dell’inferno.

La Redenzione
Sia Dante che Giotto hanno mirato a spingere l’animo perduto del peccatore verso la redenzione. In Giotto la via della redenzione è cominciata nella Cappella Scrovegni con la lettura del ciclo pittorico, passando per le allegorie dei Vizi e delle Virtù, fino alla scelta del cammino salvifico.
In Dante, dopo aver visitato l’Inferno si giunge alla salvezza e poi alla purificazione dei peccati.
Per entrambi vizi e virtu’ costituiscono l’habitus mentale dell’uomo medioevale.

La Luce
Essi sottolineano l’importanza della luce che assume nel poema e nella Cappella Scrovegni una valenza simbolica, in quanto considerata come veicolo portante che rafforzerà l’esperienza divina. Per Dante alla fine del suo viaggio la luce diventa fonte primaria delle verità divine. Per lui la luce è splendore che genera la creazione e penetra e ravviva ogni luogo dell’universo. Per Giotto è mezzo che induce l’uomo a comprendere il sublime, visto come confine tra il visibile e l’invisibile fra realtà terrena e quella celeste.

Particolare ove sono presenti Dante e Giotto
Per entrambi è testimonianza divina, amore che avviluppa e racchiude l’intera storia umana
La figura di Maria
Il raggiungimento della sfera divina non avviene per ambedue senza l’aiuto di Maria che compare piu’ volte nella Cappella degli Scrovegni e nei versi del XXXIII canto del Paradiso.
Infatti Dante giunto nell’Empireo invoca Maria per essere aiutato a compiere l’ultima parte del viaggio
Canto XXXIII:
La preghiera di san Bernardo alla Vergine
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore
Maria accoglie la preghiera di San Bernardo ed intercede per il poeta, volgendo lo sguardo a Dio. Dante, colmo di ardore di conoscenza cerca di scorgere e penetrare la luce divina.
Maria per entrambi è il faro splendente, è luce. La stessa luce che pervade i cieli blu della Cappella degli Scrovegni ci riporta alla visione celestiale che si presenta a Dante durante il suo viaggio.
La numerologia
Per esempio negli affreschi che Giotto dedica all’infanzia di Maria compare il numero tre. Per tre volte nelle scene della vita della Vergine vi è il tabernacolo simbolo del suo tempo divino.
Presentazione al tempio
Sposalizio
della Vergine
Natività di Maria
In ambedue il numero tre ci rimanda alla Trinità Cristiana, alla perfezione e alla conoscenza. Il magnifico poeta ha scelto il numero 3 per costruire la sua opera costituita da tre cantiche e Giotto utilizza tre registri per gli affreschi presenti nella Cappella degli Scrovegni

Dante attraversa 3 differenti regni: Inferno, Purgatorio e Paradiso e Giotto compie tre importanti percorsi artistici; Assisi, Firenze, Padova.
Nel loro viaggio sono presenti 3 diverse guide. In Dante Virgilio, che rappresenta la ragione, Beatrice, simbolo della grazia e S. Bernardo, emblema dell’ardore mistico. In Giotto le guide spirituali sono: S. Francesco, S Tommaso d’Aquino e Maria figure che, secondo i canoni dell’estetica antica, rappresentano la Bellezza, data dall’unione sinfonica di tre attributi: l’integrità di azioni, lo splendore del pensiero e l’armonia divina.
ll tutto richiama il mondo magico e simbolico del medioevo. Il tre per entrambi è, quindi, simbolo dell’armonia, della perfezione e della creatività.
Alla luce delle diverse considerazioni, possiamo asserire che la Cappella degli Scrovegni e la Divina Commedia indicano il percorso che l’uomo deve compiere e sono dominate entrambe dalla teologia, dalla spiritualità francescana e dalla Mariologia. Sono testimonianza della formazione di un linguaggio moderno e rivelano che per questi due magnifici esteti solo la terapia divina conduce l’uomo a congiungersi con Dio.
Per loro l’intelligenza etica consente di discernere il male dal bene e solo il possesso delle virtu’ individuali conduce l’umanità alla giustizia e al raggiungimento della sfera celeste, la quale necessita del supporto della rivelazione della verità divina che supera e trascende la ragione umana.